Il 7 ottobre, a Bruges, si è svolta la cerimonia di apertura del 66° Anno Accademico del College of Europe. Quando mi è stato proposto di parteciparvi, in qualità di pianista ed Alumna della Promotion Aristotle (2000-2001), ho immediatamente accettato, sapendo che si trattava di un grande onore, e pensando che sarebbe stata una bella esperienza. E invece si è rivelata qualcosa di più: semplicemente magica.
Mi è stato chiesto di suonare due brani di Chopin, e ho accettato la sfida dichiarando subito che non facevano parte del mio repertorio (in pubblico, non ho mai suonato nient’altro che la mia musica, almeno finora). Quindi, negli ultimi mesi, mi sono dedicata con grande passione e devozione allo studio di questi brani, e devo ringraziare di cuore i miei tanti Maestri, per i loro preziosi consigli. Per il resto, innamorarsi dei due Preludi, è stata cosa facile…
Ed eccomi a Bruges, un pomeriggio di ottobre.
Ascoltavo da dietro le quinte del magnifico teatro Stadsschouwburg le bellissime parole del Rettore sul perché è stato scelto proprio Chopin, come Patron dell’Anno Accademico (Promotion) che sta per aprirsi. Il discorso si conclude con un augurio ed un invito ad essere creativi, ad amare il proprio lavoro: un lungo applauso. Sale sul palco uno dei rappresentanti degli studenti: è la mia biografia, quella che si racconta. Si avvicina l’organizzatrice, mi ricorda che adesso tocca a me, mi sfiora una spalla. Un solo consiglio, mi dice: sia naturale. Ed eccomi sul palco. Quanti sono!, le luci sono calde, c’è una bella atmosfera. Mi metto al centro del palco. Inizio a parlare. Ho preparato un piccolo discorso, in francese, per presentare i brani di Chopin. Concludo dicendo di essere consapevole del fatto che le mie sono soltanto parole, un tentativo limitato di spiegazione. Che la parola, di fronte alla musica, è sempre limitata, molto limitata, e quindi buon ascolto. Applauso. Mi avvicino al pianoforte, uno Steinway gran coda, magnifico. Che densità di silenzio, in questo momento! Suono le prime note. Mi sento bene, al mio posto, come quando sono concentrata, sparisco dentro la musica. Passano 9 minuti. L’ultima nota. Non ho ancora sollevato le mani dalla tastiera che ecco partono gli applausi. Quanta energia! E poi, fra il pubblico, c’è uno che si solleva in piedi, poi un altro, un altro ancora, e piano piano, tutta la platea, in piedi, ad applaudire. Quanti volti calorosi, quanti sorrisi…
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